Deve riconoscersi ai sensi dell’art. 1669 c.c. la responsabilità del venditore di un immobile qualora questi abbia esercitato, anteriormente alla compravendita, poteri di direttiva o di controllo sull’impresa appaltatrice per lo svolgimento di opere di ristrutturazione edilizia o altro intervento manutentivo o modificativo di lunga durata che sia stato causa della rovina o dei gravi difetti del bene. Così ha statuito la Cassazione con sentenza n. 18891 del 28/07/2017 in merito alle doglianze del ricorrente che, avendo acquistato un immobile dal soggetto resistente in giudizio, lamentava danni da infiltrazioni d’acqua causati da un errato lavoro di ripristino della pavimentazione del terrazzo, effettuato su commissione del venditore prima della compravendita. La Corte d’Appello di Roma aveva dichiarato prescritto il diritto alla garanzia per i vizi della cosa venduta a fronte del decorso del termine prescrizionale di un anno ex art. 1495, terzo comma c.c. ed escluso l’applicazione delle norme inerenti alla responsabilità dell’appaltatore poiché riferibili esclusivamente a quest’ultimo e non al venditore che non ne ricopre la qualità.
Il Giudice di legittimità, ritenuto irrilevante il motivo di gravame relativo all’art. 1495, terzo comma c.c. ed alla dichiarata prescrizione, ha accolto, invece, il secondo motivo del ricorso con il quale si denunciava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c. disciplinante la tutela del committente in caso di rovina o grave difetto dell’immobile oggetto d’appalto. Tale norma era stata ritenuta nel giudizio di merito non operante con riguardo all’azione promossa dall’acquirente nei confronti del venditore il quale, essendosi avvalso dell’opera di un’impresa edile per la ristrutturazione del pavimento del terrazzo, non riveste la qualità di appaltatore così come il compratore non è mai stato committente dei lavori da cui è generato il vizio.
La decisione contrasta, però, con l’orientamento seguito dalla Suprema Corte per cui il venditore sarebbe responsabile ex art. 1669 c.c. qualora abbia fornito - grazie alle sue competenze tecniche - indicazioni specifiche sull’esecuzione dell’opera all’impresa appaltatrice, personalmente o tramite un proprio direttore dei lavori. Secondo la Cassazione deriverebbe, pertanto, in capo al venditore un potere di direttiva o controllo in considerazione del quale è possibile addebitare nei suoi confronti l’evento dannoso giacché conseguente alla rovina o ai gravi difetti dell’immobile (in tal senso, Cass. Civ., Sez. II, sentenze nn. 9370/2013, 2238/2012, 4622/2002 ed anche Tribunale Bologna, Dott. D’Orazi n. 2082 del 2.10.17). Tale soluzione varrebbe sia nell’ipotesi in cui il venditore sia altresì costruttore del bene alienato, sia quando abbia dato incarico della costruzione ad un terzo appaltatore prima della compravendita immobiliare (Cass. Civ., Sez. II, sentenza n. 3406/2006).
Questo il principio di diritto enunciato dagli ermellini: “l’azione di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili, di cui all’articolo 1669 c.c., può essere esercitata anche dall’acquirente nei confronti del venditore che, prima della vendita, abbia fatto eseguire sull’immobile ad un appaltatore, sotto la propria direzione ed il proprio controllo, opere di ristrutturazione edilizia o interventi manutentivi o modificativi di lunga durata, che rovinino o presentino gravi difetti”.
Avv. Carlo Casali
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