Il commercialista, quale che sia l’oggetto specifico della sua prestazione, ha l’obbligo di completa informazione del cliente, e dunque ha l’obbligo di prospettargli sia le soluzioni praticabili sia quelle non praticabili o non convenienti, così da porlo nelle condizioni di scegliere secondo il migliore interesse.
Questo il principio espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 14387 del 27.05.19.
Il caso è quello di un cliente consigliato dal proprio commercialista di recedere da una società, di cui era socio lavoratore, facendosi liquidare la quota, anzichè cederla ad altri soci, sulla supposizione che, su un realizzo di 775.000,00 euro, avrebbe pagato solo 83.000,00 euro di tasse.
In realtà, dopo la conclusione dell’operazione, il contribuente si ritrova a dover versare la maggiore somma di 117.000,00 euro e pochi mesi dopo riceve un accertamento fiscale per 190.993,82 euro, cosicchè anzichè la somma di 83.000,00 euro indicata inizialmente, si vede costretto a pagare 199.000,00 euro.
Cita di conseguenza in giudizio il commercialista per ottenere il risarcimento pari alla somma versata al fisco, attribuendo la responsabilità del suo esborso al parere sbagliato del professionista. Il giudice di primo grado accoglie le richieste attoree, mentre quello di appello rigetta la domanda, ritenendo non ravvisabile alcun profilo di responsabilità nella condotta del commercialista.
Il contribuente propone dunque ricorso per la cassazione della sentenza, deducendo, tra gli altri motivi di gravame, che il giudice di secondo grado aveva errato sul contenuto della prestazione cui il commercialista si era obbligato, non considerando che l’obbligazione di quest'ultimo era di fornire una consulenza sia sulla convenienza di abbandonare la società, sia sul modo più conveniente per farlo dal punto di vista fiscale e ritenendo invece corretta come unica soluzione possibile quella, prospettata, del recesso.
La Suprema Corte accoglie il ricorso e rinvia alla Corte distrettuale per un nuovo esame sul merito, ricordando che il commercialista ha l’obbligo di informare adeguatamente il cliente, prospettandogli sia le soluzioni praticabili che “tra quelle dal cliente eventualmente desiderate, anche quelle non praticabili o non convenienti, così da porlo nelle condizioni di scegliere secondo il migliore interesse”. Nè può considerarsi superflua l’informazione che il commercialista aveva negato al cliente prospettandogli come unica ipotesi quella del recesso, senza informarlo delle difficoltà che avrebbe incontrato nel praticare invece una cessione, così impedendogli di scegliere liberamente, dal momento che egli aveva comunque deciso di lasciare la società prima di sapere le alternative ed i relativi costi.
È quindi responsabile il consulente che, a fronte della richiesta del cliente di indicargli la modalità fiscalmente più vantaggiosa per effettuare un’operazione, gli propone una sola opzione che si rivela poi essere svantaggiosa e molto più costosa di quanto inizialmente indicato.
Avv. Carlo Casali
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