Il Garante per la protezione dei dati personali, con proprio comunicato del 1° marzo 2021, è intervenuto sulla dibattuta questione delle soluzioni, tipo i pass e/o passaporti cd. vaccinali, anche digitali come le app, per rendere l’informazione - sull’essersi vaccinati o meno - come condizione necessaria per l’accesso a determinati locali e/o uffici per la fruizione di taluni servizi, come ospedali, aeroporti, stazioni, hotel ecc.
Il Garante ha innanzitutto richiamato l’attenzione sull’obbligo di rispettare la disciplina italiana ed europea vigente in materia di dati personali.
“I dati relativi allo stato vaccinale – scrive l’Autorità garante – infatti, sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare conseguenze gravissime per la vita e i diritti fondamentali delle persone: conseguenze che, nel caso di specie, possono tradursi in discriminazioni, violazioni e compressioni illegittime di libertà costituzionali”.
Pertanto, il Garante ritiene che il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale di una persona, a fini dell’accesso a determinati luoghi o per il godimento di taluni servizi, “debba essere oggetto di una norma di legge nazionale, conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali (in particolare, quelli di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione dei dati), in modo da realizzare un equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza”.
Sempre il 1 marzo scorso, la Vice Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, è intervenuta sullo stesso tema, con comunicato pubblicato sul sito del Garante medesimo, ricordando che l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nella risoluzione del 27 gennaio 2021, ha messo chiaramente in guardia da forme di discriminazione nei confronti di coloro che decidano di non vaccinarsi, nel pieno esercizio della loro libertà di autodeterminazione.
E ha sottolineato che, se non c’è obbligo legale di vaccino, “non sono ammissibili forme alcune di discriminazione, nel senso di limitazione e compressione di diritti in danno di soggetti che non abbiano ancora potuto vaccinarsi o rinunzino alla copertura vaccinale”.
Quanto sopra tiene in massima considerazione il disposto dell’art. 32 della Costituzione della Repubblica italiana, che vieta ogni forma di trattamento sanitario obbligatorio in assenza di una espressa e perciò eccezionale previsione di legge e fatto salvo, in ogni caso, il rispetto della persona umana.
Se poi i passaporti vaccinali si volessero comunque attuare, ferma la loro attuale illegittimità per i motivi sopra espressi, precisa la Vice Presidente, “un tale obbligo, con le correlate ‘sanzioni’, non potrebbe che essere il frutto di una chiara scelta legislativa statuale” e “non certo quello dell’iniziativa estemporanea, pur animata dalle migliori intenzioni, di singole istituzioni pubbliche o di operatori privati”.
La questione del “passaporto vaccinale” si preannuncia dunque molto delicata e sarà estremamente dibattuta nelle prossime settimane a livello nazionale, di Unione Europea e mondiale, man mano che il numero delle persone vaccinate aumenterà.
Avv. Andrea Montanari
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