IL TERMINE FISSATO DAL GIUDICE PER L’ACCETTAZIONE DELL’EREDITA’ HA NATURA DECADENZIALE E NON E’ PROROGABILE: CASS. n. 10252 del 11.04.19

30 aprile 2019

UN CASO AFFRONTATO DAL NOSTRO STUDIO

 

La vicenda trae origine da una successione testamentaria.

Con testamento olografo regolarmente pubblicato, il de cuius nominava eredi universali i suoi due figli, uno dei quali, in pendenza del relativo termine, non manifestava il proprio intendimento in relazione all’accettazione (espressa o tacita) dell’eredità del padre. Con la medesima scheda testamentaria, inoltre, il defunto istituiva un legato di una determinata somma di denaro in favore della nostra Cliente, riconoscendosi peraltro debitore della stessa – in virtù di un precedente prestito ricevuto – di un cospicuo importo.

In virtù del chiaro interesse della creditrice, quest’ultima, per tramite del nostro studio, provvedeva a chiedere al competente Tribunale, ai sensi degli artt. 481 c.c. e 749 c.p.c., la fissazione di un termine per l’accettazione (o meno) dell’eredità da parte del chiamato, al fine di poter agire per il recupero dei propri crediti e per l’adempimento del legato.

Introdotto il procedimento e concesso il termine per l’accettazione dell’eredità, il chiamato formulava istanza di proroga del termine assegnato e, a seguito del rigetto - anche in sede di reclamo -  della suddetta istanza, proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo la tesi della prorogabilità del predetto termine e, di conseguenza, l’erroneità del provvedimento di mancata concessione della proroga.

Tale tesi, tuttavia, è stata ritenuta infondata dalla Suprema Corte.

La Corte di Cassazione, infatti, aderendo alle deduzioni svolte nel ns. controricorso, con l’ordinanza n. 10252 dell’ 11 aprile 2019, ha statuito che “il termine fissato dal giudice, ai sensi dell’art. 481 c.c., entro il quale il chiamato deve dichiarare la propria eventuale accettazione dell’eredità, anche con inventario, è un termine di decadenza, essendo finalizzato ad eliminare lo stato di incertezza che caratterizza l’eredità fino all’accettazione del chiamato; con la conseguenza che dal decorso di detto termine, in assenza della dichiarazione, discende la perdita del diritto di accettare, rimanendo preclusa ogni proroga di esso, senza che rilevi in senso contrario la possibilità di dilazione consentita dall’art. 488, comma 2, c.c., prevista unicamente per la redazione dell’inventario”.

 

Avv. Teodoro Sinopoli

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