In una recente sentenza (nr 6664 del 13 febbraio 2017) la VI Sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito che la causa di non punibilita' della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis del codice penale non è applicabile al delitto di abusivo esercizio di una professione (art. 348 cp) per “incompatibilità strutturale”, trattandosi di fattispecie rientrante a pieno titolo fra quelle ostative a mente del terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 131-bis, dedicato ai “… reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.”
Così argomentando la Corte di Cassazione ha rafforzato quell’orientamento (si veda anche Sez. VII nr. 13379 del 12 gennaio 2017) che esclude l’applicabilità della particolare tenuità del fatto al reato di esercizio abusivo di una professione appunto ritenendo che la sua integrazione richieda “…una condotta che si dipani con i necessari caratteri della ripetitività, della continuità e professionalità, o anche solo della eventuale abitualità, ma che si caratterizzi comunque per quella non singolarità e per quella pluralità di atti atipici che, rientrando sicuramente nel campo semantico e definitorio descritto nell’art. 131-bis terzo comma, ultima parte, del codice penale, lo rendono di per sé incompatibile, nella sua stessa struttura oggettiva, con la causa di non punibilità di cui si è detto “.
Questo orientamento interpretativo, inserito nel contesto della recentissima riscrittura del delitto di cui all’art. 348 cp ad opera della c.d. legge Lorenzin (legge 3/2018, entrata in vigore il 15 febbraio 2018) – che ha molto inasprito il profilo sanzionatorio, previsto la pubblicazione della sentenza, la confisca dei beni, segnatamente degli immobili, utilizzati per svolgere l’attività abusiva,la trasmissione della sentenza al competente Ordine, Albo o Registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata – delinea un trattamento particolarmente severo per un reato tradizionalmente considerato non grave.
A fronte di ciò, sia utile ricordare che esiste anche una altrettanto consolidato “filone” interpretativo di Cassazione (da ultimo, Sez. III n. 4562 del 5 ottobre 2017 – dep. 31 gennaio 2018) secondo cui la fattispecie prevista dall'art. 348 c.p. ha natura istantanea, ovvero solo eventualmente abituale (così Sez. 2, n. 43328 del 15/11/2011, dep. 24/11/2011, Giorgini e altri, Rv. 251376), sicchè la sua realizzazione non esige necessariamente un'attività continuativa od organizzata, ma può perfezionarsi con il compimento anche di un solo atto tipico proprio della professione abusivamente esercitata (così Sez. 5, n. 24283 del 26/02/2015, dep. 5/06/2015, Bachetti, Rv. 263905; Sez. 6, n. 11493 del 21/10/2013, dep. 10/03/2014, Tosto, Rv. 259490 Sez. 6, n. 30068 del 2/07/2012) : caso, quest’ultimo, nel quale - ricorrendone anche tutti gli altri presupposti, non potrà negarsi l’applicabilità della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis (come infatti applicato dalla Corte di appello di Milano, sez III penale, con sentenza del 16 settembre 2015, con riferimento al comportamento di un’impiegata che, dietro istruzioni telefoniche del fisioterapista abilitato, aveva personalmente programmato ed applicato ad un paziente una apparecchiatura laser con proprietà antinfiammatorie, il cui utilizzo è consentito soltanto a personale munito della necessaria abilitazione professionale).
Avv. Paola Mutti
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